La differenza di genere nel rapporto con Dio e con la fede

Ad Assisi si è celebrata la cinquantanovesima sessione di formazione ecumenica del SAE
Ad Assisi si è celebrata la cinquantanovesima sessione di formazione ecumenica del SAE

Dal 23 al 29 luglio 2023 si è svolta ad Assisi la 59ª sessione di formazione ecumenica del SAE (Segretariato Attività Ecumeniche). L’incontro ha avuto come tema “Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi” e ha visto la partecipazione di circa 180 persone di varie età, provenienze geografiche e confessioni cristiane.

L’iniziativa, organizzata dall’associazione interconfessionale di laiche e laici per l’ecumenismo e il dialogo, ha offerto una settimana di studio, riflessione e vita comunitaria. Relatori e relatrici del mondo accademico, esponenti di diverse chiese cristiane, rappresentanti dell’ebraismo e dell’Islam, nonché numerose teologhe del Coordinamento Teologhe Italiane, hanno contribuito al dibattito. Tra i partecipanti figuravano anche don Alessandro Nicastro e don Antonio Lamanna del Servizio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso dell’Arcidiocesi.

Il tema scelto per la sessione 2023 ha sollevato interrogativi sul significato della differenza di genere nel rapporto con Dio e con la fede. In un’epoca di profondi cambiamenti sociali e culturali, il dibattito ha esplorato le nuove dinamiche nelle relazioni tra i sessi.

L’approccio adottato si è distinto per il rifiuto di una visione catastrofista e la volontà di interpretare in modo critico e articolato la complessità dei segni dei tempi. L’obiettivo è stato comprendere come le chiese e le comunità ecumeniche possano abitare questo tempo di transizione e rinnovamento.

Per leggere i segni dei tempi, si è discusso della necessità di un cambio di paradigma teologico. Si è proposta l’abbandono di un modello verticistico, che nega il contributo delle scienze, a favore di un approccio interdisciplinare, come suggerito da Papa Francesco con l’idea di una teologia circolare.

In questa prospettiva, ogni disciplina apporta il proprio contributo per affrontare i temi della differenza di genere e dell’umano plurale. Si è riconosciuto che la storia della discriminazione ha soffocato il ruolo delle donne e di alcune minoranze, rendendo necessaria una nuova interpretazione del fenomeno sessuale. Il concetto di “gender” è stato riletto non come una minaccia, ma come uno strumento utile per distinguere e riflettere sul rapporto tra natura e cultura, nonché per approfondire la comprensione del mondo LGBTQ+.

Una parte della Chiesa si sente esclusa da un linguaggio che descrive Dio quasi esclusivamente in termini maschili. Nella Bibbia, tuttavia, non mancano immagini che rappresentano Dio con tratti materni. Non si tratta di piegare i testi sacri alla sensibilità contemporanea, ma di riscoprire aspetti trascurati da una cultura patriarcale.

Il linguaggio non è solo forma, ma struttura il simbolico e influisce sul modo di fare liturgia, di testimoniare la fede e di essere Chiesa. Ancora oggi, molte comunità cristiane faticano a definire Dio con nomi femminili, distorcendo la tradizione biblica. Un primo passo per superare l’egemonia maschile nelle Chiese sarebbe il ripensamento delle metafore e delle immagini del divino.

Il ripensamento del linguaggio e delle immagini di Dio avviene in un contesto ecumenico, con la consapevolezza che la Chiesa deve diventare sempre più inclusiva, accogliendo e riconoscendo le differenze. La vocazione ecumenica implica l’interrogarsi sulle ferite tra e dentro le chiese e il favorire processi di giustizia riparativa.

In questa prospettiva, si è affrontato il tema del rapporto tra Chiese, ministeri e donne. Nel mondo cattolico, la riflessione su donne e ministero ordinato risale al Concilio Vaticano II, quando alcuni vescovi proposero la presenza di diaconesse e l’ordinazione femminile. Tuttavia, la questione non entrò nel dibattito conciliare. Oggi, nel contesto sinodale, le sintesi diocesane a livello mondiale ripropongono il tema. Il documento “Allarga lo spazio della tua tenda” dedica spazio alla questione del diaconato femminile e, in alcuni casi, anche all’ordinazione presbiterale.

Nel mondo protestante, il ministero pastorale femminile è una realtà consolidata: in Italia, la prima pastora valdese è stata consacrata nel 1967, seguita dalle metodiste (dal 1979), dalle battiste e dalle luterane (dagli anni ’80). Nell’Ortodossia, invece, il dibattito sul ruolo delle donne nel sacerdozio non è altrettanto sviluppato e molte donne ortodosse non condividono le rivendicazioni femminili presenti in altre confessioni cristiane.

La sessione è stata un crescendo di partecipazione, sia nei momenti liturgici, ricchi di spiritualità e umanità, sia nelle plenarie, animate da numerosi interventi e domande. Otto laboratori hanno permesso di approfondire i sottotemi della sessione, con una conduzione diversificata per genere e confessione, arricchendo così la riflessione sull’inclusività delle chiese e sulla questione di genere.

L’evento ha rappresentato un’opportunità preziosa per rileggere la tradizione cristiana alla luce delle sfide contemporanee, favorendo un dialogo aperto e costruttivo sulla strada verso una Chiesa sempre più inclusiva e accogliente.

Don Alessandro Nicastro
Direttore dell’Ufficio Diocesano per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso